Nei sogni ci sono tante stranezze di
luoghi e di argomenti, incongruenze e assurdità, personaggi a
volte banali o strambi e a volte limpidi, come se fossero reali,
tanto che l’indomani mi chiedo se li ho davvero conosciuti e fanno
parte dei miei ricordi. Queste situazioni, questa gente della notte
hanno un significato, vogliono dire qualcosa? Forse a saperle leggere
con capacità psicoanalitica potranno dare indicazioni sul carattere
e sulla personalità. Con qualche utilità? Il mondo onirico
notturno è sempre rapidamente fuggevole, lo si ricorda con relativa
chiarezza nell'immediato risveglio, ma pochi minuti dopo è già
svanito. Se invece scrivo subito qualche appunto per fissare la trama
del sogno, al mattino sono in grado di riesumare tutta la vicenda
virtualmente vissuta nella notte e di ridarle vita. Così anche le
emozioni si ravvivano, eccitano o mordono l'animo.
Siamo su un ascensore, in molti,
stretti da soffocare. Ogni tanto una fermata e molti escono, ma
restiamo sempre fitti. Sono comitive che vanno in visita. Esco
anch’io con il mio gruppo. Dobbiamo seguire un itinerario. Siamo a
Venezia, c’è acqua. Si cammina nell’acqua che è poco profonda e
limpida, si vedono in lontananza punti in cui è più alta e là ci
sono pesci, uno grosso che sembra ora un cane, ora un cavallo che
nuota con fatica. Stiamo andando a visitare una specie di fiera, si
salgono scale anguste che passano in mezzo a tanti oggetti esposti,
roba di nessun conto, mucchi di cianfrusaglie. A poco a poco il
gruppo si dirada, siamo in pochi, procediamo con difficoltà sui
gradini sempre più ingombri. A un tratto mi accorgo che sono solo,
mi sento abbandonato, cerco di fuggire, ma non so quale direzione
prendere perché ci sono tante frecce che si contrastano a vicenda.
Finalmente riesco a tornare all’aperto, a camminare nell’acqua.
Incontro una signora che ha al guinzaglio un cagnolino. Mi fa segno
di seguirla, mi farà da guida per ritrovare gli altri, le vado
dietro tranquillizzato. Per poco, perché d’improvviso non la vedo
più. La chiamo gridando, signora, signora. Inutilmente. E mi ritrovo
nella fiera. Ora non ci sono più le scale ingombre ma corridoi
abbastanza ampi. Lo riconosco, è un percorso normale di una
esposizione, con gli stand e in ogni stand c’è, visibile a mezzo
busto, una persona, uomo o donna. Meno male, mi rassicuro, anche
perché tutti questi standisti sono ben animati, guardano intorno,
parlano. Ma con chi parlano se ognuno è isolato e non ha in mano un
telefono? Guardo meglio e m’accorgo che non sono uomini e donne,
ma manichini azionati da congegni misteriosi. Allora ho la terribile
consapevolezza di essere proprio solo, mi sento perduto. Mi metto a
correre con la speranza di ritrovare la signora con il cagnolino. La
chiamo, la chiamo.
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