mercoledì 26 agosto 2015

Cammino sull'acqua

Nei sogni ci sono tante stranezze di luoghi e di argomenti, incongruenze e assurdità, personaggi a volte banali o strambi e a volte limpidi, come se fossero reali, tanto che l’indomani mi chiedo se li ho davvero conosciuti e fanno parte dei miei ricordi. Queste situazioni, questa gente della notte hanno un significato, vogliono dire qualcosa? Forse a saperle leggere con capacità psicoanalitica potranno dare indicazioni sul carattere e sulla personalità. Con qualche utilità? Il mondo onirico notturno è sempre rapidamente fuggevole, lo si ricorda con relativa chiarezza nell'immediato risveglio, ma pochi minuti dopo è già svanito. Se invece scrivo subito qualche appunto per fissare la trama del sogno, al mattino sono in grado di riesumare tutta la vicenda virtualmente vissuta nella notte e di ridarle vita. Così anche le emozioni si ravvivano, eccitano o mordono l'animo.


Siamo su un ascensore, in molti, stretti da soffocare. Ogni tanto una fermata e molti escono, ma restiamo sempre fitti. Sono comitive che vanno in visita. Esco anch’io con il mio gruppo. Dobbiamo seguire un itinerario. Siamo a Venezia, c’è acqua. Si cammina nell’acqua che è poco profonda e limpida, si vedono in lontananza punti in cui è più alta e là ci sono pesci, uno grosso che sembra ora un cane, ora un cavallo che nuota con fatica. Stiamo andando a visitare una specie di fiera, si salgono scale anguste che passano in mezzo a tanti oggetti esposti, roba di nessun conto, mucchi di cianfrusaglie. A poco a poco il gruppo si dirada, siamo in pochi, procediamo con difficoltà sui gradini sempre più ingombri. A un tratto mi accorgo che sono solo, mi sento abbandonato, cerco di fuggire, ma non so quale direzione prendere perché ci sono tante frecce che si contrastano a vicenda. Finalmente riesco a tornare all’aperto, a camminare nell’acqua. Incontro una signora che ha al guinzaglio un cagnolino. Mi fa segno di seguirla, mi farà da guida per ritrovare gli altri, le vado dietro tranquillizzato. Per poco, perché d’improvviso non la vedo più. La chiamo gridando, signora, signora. Inutilmente. E mi ritrovo nella fiera. Ora non ci sono più le scale ingombre ma corridoi abbastanza ampi. Lo riconosco, è un percorso normale di una esposizione, con gli stand e in ogni stand c’è, visibile a mezzo busto, una persona, uomo o donna. Meno male, mi rassicuro, anche perché tutti questi standisti sono ben animati, guardano intorno, parlano. Ma con chi parlano se ognuno è isolato e non ha in mano un telefono? Guardo meglio e m’accorgo che non sono uomini e donne, ma manichini azionati da congegni misteriosi. Allora ho la terribile consapevolezza di essere proprio solo, mi sento perduto. Mi metto a correre con la speranza di ritrovare la signora con il cagnolino. La chiamo, la chiamo.

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