A passettini e senza fretta la
signora Giustina Merli vedova Canali fa tutti i giorni una
passeggiata intorno all’isolato. Curva com’è, si aiuta
appoggiandosi all’ombrello che porta sempre con sé. Anche col
cielo sereno, in piena estate, inconsciamente sarà per non dover
ricorrere al bastone. È sola da 28 anni e ne ha 92. Nonostante l’età
è abbastanza lucida, qualche volta legge il giornale. Non ha
preoccupazioni di carattere finanziario, anzi, dispone di un buon
reddito: la pensione del marito che era funzionario statale e gli
affitti di un grande palazzo centrale avuto in eredità dal padre.
Spende un’inezia rispetto a quello che incassa.
Abita in un appartamento di
sei camere, pure di sua proprietà, lo stesso in cui abitò col
marito e il figlio, che era farmacista e che morì in un incidente
ferroviario. Le finestre sono sempre socchiuse, sicché la casa, già
poco luminosa per le pareti annerite, assume un aspetto tetro.
Poltrone e sedie sono tutte ricoperte da fodere bianche, che nel buio
risaltano e paiono trasformarsi in fantasmi a consesso. Sono anni
ormai che la vedova Canali non si mette a sedere su una poltrona o
una sedia, per non rovinarle. Si siede su uno sgabello in un angolo
di un salotto, con la schiena appoggiata al muro. Una domestica al
mattino va a farle da mangiare e a sbrigare le faccende più grosse
in cucina e nella camera in cui dorme, tutti gli altri vani restano
sempre chiusi.
La vedova Canali ha paura dei
ladri, quindi evita di tenere il denaro in unico posto. In casa sua
ci sono soldi fra i piatti, nelle scatole delle scarpe, sotto il
lavandino, fra la biancheria. Lei li nasconde poi se ne dimentica,
spesso capita che debba pagare qualcosa e non si ricordi dove li ha
messi. È probabile che siano dimenticanze istintive nell’illusione
di non dover pagare. La Canali ha due nipoti, figli di suo fratello
col quale è in disaccordo da epoca lontana. Da una decina d’anni
si è posta il problema dell’eredità. La prima decisione fu di
passare sopra le divergenze fraterne e di lasciare eredi i due
giovani. Ma due mesi dopo ci ripensò: ritornò dal notaio e gli
consegnò un altro testamento, a favore della parrocchia. Fu il primo
di una lunga serie di cambiamenti. Da allora di testamenti ne ha
fatti più di quindici. I favori sono rimbalzati anche sull’ospedale,
su due coniugi sventurati la cui storia era stata raccontata dal
giornale, ancora sui nipoti e una domestica, quest’ultima
diseredata per l’assenza di un giorno.
I coinquilini sono a
conoscenza di questi suoi tormenti perché lei li racconta come
volesse averne dei suggerimenti. E allora accade che qualcuno abbia
per lei molta attenzione e sia pronto ad offrirle servigi, ma
chiaramente lei non si lascia influenzare: ad esempio, per principio
non ammette in casa nessuno all’infuori della donna di servizio. A
volte, chiacchierando sulle scale coi vicini, parla con tristezza
della propria solitudine e della morte che sta per venire. Di solito
conclude: «Mi dispiace andar via, perché si sta bene nella mia
casa, c’è tanto silenzio e poi ho ancora tutte le poltrone nuove».