lunedì 4 marzo 2013

La soluzione è per loro


Dice la figlia: «Tu, povera mamma, non puoi rimanere sempre qui sola, mentre io e Paolo siamo a lavorare. Almeno potessimo venire a casa a mezzogiorno, ma andiamo via al mattino e torniamo la sera, ci vediamo appena per la colazione, fugacemente, e a cena. Così le tue giornate sono cariche di solitudine. Sarebbe meglio che tu andassi nell' ”lstituto Familiarità”. Con la tua pensione non ci sono problemi. Là ci sono tante altre signore come te e potresti passare meglio le giornate. Ti verremmo a trovare la domenica; non avresti neanche la preoccupazione di una donna per la cura della casa e per il mangiare: nella retta che paghi, sono compresi camera, vitto, riscaldamento, proprio tutto: ogni tuo problema si risolverebbe».

La madre, Caterina, ha 72 anni, era amministratrice di una piccola ma ben avviata azienda tessile. Andata in pensione, si è appassionata alla cura della casa che, prima, col lavoro, doveva trascurare affidandola a una domestica della quale non era per niente soddisfatta. Col pensionamento ha avuto l’occasione di liberarsi della donna e di fare lei, praticamente, tutto. Diceva che le piaceva. Ma da qualche mese ha parecchi acciacchi ed è evidente che il lavoro casalingo le pesa. In casa, sia la figlia sia il genero hanno proposto di riprendere una collaboratrice, ma lei tergiversa, in sostanza si dimostra contraria. Ed ecco, abbastanza logica, la proposta della figlia, che rinforza con la prospettiva della compagnia di altre signore. Due giorni di meditazione poi Caterina dice si: accetta, si faccia la domanda.

Eccola nell' “lstituto Familiarità”. È un caseggiato enorme, fatto di corridoi e stanzette, tanti corridoi con tantissime porte, tutte chiuse. E silenzio. Sembrerebbe una casa vuota e invece in ogni stanzetta c'è una vecchia signora. La finestra di Caterina dà sul cortile, vastissimo, quadrato e ogni lato è costituito da un'ala dell'edificio nel quale si aprono centinaia di finestre ognuna delle quali corrisponde a una stanzetta che ospita una vecchia signora. A mettere la faccia contro i vetri e a guardar bene alle altre finestre si intravedono tante facce di donna, tutte dietro i vetri: sembrano la stessa faccia ripetuta all'infinito per un diabolico gioco di specchi.

A mezzogiorno tutto lo stabile viene percorso da un trillo di campanello; ce ne sono decine e decine, tutti collegati insieme, che suonano contemporaneamente. E dopo la lunga suonata, ogni porta si apre, dalle stanze sciamano fuori, a passi lievi o strisciati, le vecchie signore; s’incamminano per i corridoi, raggiungono i refettori dove mangiano in silenzio, come è prescritto da diciture che campeggiano in grandi cartelli ai muri. Anche se potessero parlare non avrebbero nulla da dirsi, non si conoscono nemmeno perché i posti non sono fissi, solo il refettorio è sempre lo stesso e la compagna di sedia può cambiare ogni giorno. Finita la consumazione del pasto ogni ospite lascia il refettorio per rientrare nella sua stanza. E qui si accosta alla finestra per guardare le altre finestre che via via si vanno animando. Soste, che il più delle volte sono brevi, perché molte signore preferiscono fare il riposino, sul letto: sarà anche un aiuto ad abbreviare il pomeriggio. Oggi Caterina pensa: «Chissà se verranno a trovarmi domenica; può darsi, perché domenica scorsa sono andati a sciare, e se non hanno la partita...».