La villa sorgeva su un
cucuzzolo, trenta metri sopra il paese. Era bella a vedere, d'un
bianco candido, con le imposte verdi. Ma era scomoda da abitare. Ci
portavo la famiglia tutte le estati, per un paio di mesi; poi ci
tornavamo d'inverno, a dicembre, per una ventina di giorni. Era
sempre attraente l'idea di andare in montagna, togliendosi
dall'atmosfera fumosa della città; spesso riuscivamo a fare una
capatina anche nei week-end. Ma, quando eravamo là, c'era sempre
qualcosa che non andava: un rubinetto che non chiudeva bene, la pompa
dell'acqua che si guastava, il tetto che lasciava filtrare la
pioggia. Piccolezze, queste, a confronto dei difetti costituzionali e
ineliminabili della costruzione.
Dietro la villa, in alto,
c'era una vallata dalla quale scendeva un vento gelido. Anche
d'estate non si poteva sostare nel giardino senza il pericolo di
buscare il raffreddore. D'inverno, poi, i muri si coprivano
addirittura di una patina di ghiaccio, e anche la ripida stradicciola
che dal paese saliva alla villa gelava e non si riusciva a
percorrerla in auto; la macchina bisognava lasciarla in piazza, alle
intemperie, e percorrere quest'ultimo tratto a piedi. Da novembre a
marzo, di pomeriggio, il sole scompariva per due ore dietro un monte
che era a ponente della villa, ricompariva soltanto per farsi vedere
tramontare. Come se tutto questo non bastasse, a lato della casa, una
sponda che scendeva ad un piccolo torrente franava spesso, sicché il
terreno che divideva la costruzione dal ruscello andava sempre più
restringendosi: sarebbe stato necessario erigere un muro per fermare
lo smottamento.
Ero stanco di tutte quelle
contrarietà e un giorno, d'accordo con mia moglie, decisi di vendere
la villa per comprarne un'altra al mare. Feci uscire un'inserzione su
un giornale e qualcuno telefonò sin dal giorno dopo; ma erano
richieste di poca consistenza, si capiva dal tono della voce di chi
parlava. Dieci giorni dopo si presentarono un uomo e una donna, sulla
trentina, sposi da un paio d'anni. Li accompagnai alla villa e ne
rimasero entusiasti. A loro piaceva tutto: la forma, il colore, la
posizione, il ruscello, il giardino, la stradina in salita. Io,
naturalmente, da buon venditore, decantai i pregi o i presunti pregi,
trascurando del tutto i difetti.
Eravamo d'autunno, una
giornata calda, e il clima mi era favorevole. La signora si guardava
attorno con occhi gioiosi, il sorriso sempre sulle labbra. Progettava
piccole modifiche, abbellimenti. «Qui potremmo spostare la parete
per ampliare il salotto, al centro del giardino si potrebbe mettere
una fontana, sulla sponda del ruscello ci starebbe bene una
scaletta...» Il marito diceva sempre di sì, anche lui tutto preso
dall'infatuazione. Io pensavo, quasi ridendo tra me, che ampliando il
salotto si sarebbe eccessivamente ridotto lo studio, che una fontana
nel giardino d'inverno sarebbe stata preda del gelo, che la scaletta
verso il torrente sarebbe stata travolta dal primo smottamento. Ma
dovevo vendere e dicevo: «Magnifica idea, quella della fontana; la
scaletta, poi, darà un tono davvero affascinante all'ambiente». Il
prezzo pareva un po' caro. Effettivamente la mia richiesta era stata
elevata, soprattutto in considerazione dei difetti della villa.
Cercavo di resistere, magnificando doti inesistenti.
La visita finì, prendemmo
appuntamento per un giorno della settimana successiva. Temevo che nel
frattempo i due coniugi ci ripensassero o raccogliessero informazioni
da qualcuno del posto. Invece si ripresentarono ancora animati dal
primitivo fervore che via via vedevo accrescersi mentre si svolgeva
la nuova visita. Erano innamorati di tutto: della villa, dei monti
circostanti, dei sassi, degli uccellini che cinguettavano intorno.
«Come mai non si vede il sole?» chiese a un tratto meravigliata la
donna. Erano le tre del pomeriggio e il sole incominciava proprio in
quei giorni a nascondersi dietro il monte che era a ponente. Io stavo
per spiegare che, d'inverno, per un breve lasso di tempo nel
pomeriggio la villa sarebbe stata in ombra, ma il marito mi prevenne:
«È lì, dietro quel monte, tra poco verrà fuori». Entrambi
ripresero a sorridere come prima. Mi facevano un tantino di pena; ad
ogni modo io dovevo vendere e dovevo vendere bene. Ripresi ad
esaltare ciò che a loro piaceva di più. Tre giorni dopo ci
presentavamo da un notaio per il rogito. Il prezzo pattuito era alto
rispetto al reale valore dell'immobile. I due sposi erano felici, si
capiva che la villa che comperavano era proprio quella che avevano
sempre sognato.
Una settimana dopo mia moglie
e io eravamo già in Riviera a cercare un'altra villa. Ci presentammo
a un'agenzia, prendemmo in considerazione diverse offerte, andammo
anche a fare qualche visita, ma non c'era nulla che ci garbasse.
Rimandammo: non si poteva pretendere di trovare in pochi giorni
quello che cercavamo. Tornammo in Riviera altre volte, passammo di
località in località. Finalmente una domenica, ai primi di
dicembre, andammo a visitare una villa che ci piacque al primo colpo
d'occhio. Era a pochi metri dalla strada statale e in posizione
soprelevata, circondata da una cinquantina di ulivi. Le finestre
guardavano il mare, che era d'un azzurro intenso, come non avevamo
mai visto in nessun altro posto. Era proprio una bella villetta, un
po' piccola, ma graziosa. La vendevano arredata: i mobili erano
pochi, ma in compenso antichi, autentici. E il prezzo non era caro,
poco più di quanto avevamo riscosso dalla vendita della villa in
montagna.
Durante quella nostra prima
visita portammo a buon punto l'accordo. Oramai non avevamo più dubbi
sulla scelta: quella sarebbe stata la nostra villa. Bisognava non
perdere tempo per evitare che qualcun altro ce la soffiasse. Per
stare nel sicuro prendemmo l'appuntamento per l'indomani. A sera
avevamo già concluso l'affare e consegnata la caparra. Pochi giorni
ancora nell'attesa che fossero predisposti i documenti e poi potemmo
fare l'atto notarile.
Natale si avvicinava, poteva
essere l'occasione per festeggiare l'acquisto: trascorrere là le
vacanze. E, infatti, così decidemmo. Presi qualche giorno di ferie
da collegare con l'inizio delle vacanze e ci trasferimmo giù, felici
e armati di buona volontà, perché ovviamente bisognava affrontare
la pulizia generale dei locali, nell'attesa di far fare poi i lavori
di tinteggiatura. Con aspirapolvere, spazzettoni, scope, detersivi e
disinfettanti affrontammo muri, pavimenti e infissi. Lavare,
lucidare, lustrare: un lavoro faticoso, estenuante, per noi non
avvezzi a quelle fatiche fisiche. Si arrivava a sera sfiniti, ma
eravamo veramente soddisfatti di tutto: dell'affare concluso, del
luogo, del clima. Lì avremmo certo potuto vivere giorni
meravigliosi, d'estate e nei week-end; tra l'altro il viaggio dalla
città alla Riviera era più breve di quello per la montagna, avremmo
potuto godere più spesso della nostra seconda casa. Poi l'aria
salmastra sarebbe stata un toccasana per i nostri polmoni. Mia moglie
e io pensavamo ai benefici che ne avrebbero ottenuto il bambino e mia
suocera, già parecchio anziana, che in città, d'inverno, spesso era
tormentata dalla bronchite. Demmo una sistemata anche al giardino, ma
solo per piccoli interventi superficiali, soprattutto di pulizia.
Infine, cosa molto importante per accentuare il clima della festività
natalizia e dell'inaugurazione della villa, addobbammo con collane di
lampadine e palle colorate l'albero di Natale, scegliendo a questo
scopo un ulivo in mancanza di un abete.
C'era ancora un ultimo lavoro
da fare e l'affrontammo la vigilia, come tocco finale. Consisteva in
una nuova sistemazione dei mobili per disporli secondo il nostro
gusto e le nostre esigenze. Ad esempio, un bellissimo bureau del
Settecento, tra l'altro in ottime condizioni, che era in un angolo un
po' buio, andava spostato per dargli miglior luce. Era pesante e per
muoverlo più agevolmente sfilammo i cassetti. Sul fondo del mobile
c'era un foglio di carta scritto a penna che evidentemente era uscito
da uno dei cassetti, sfuggendo così allo svuotamento effettuato dal
precedente proprietario. Lo presi e mi misi a leggerlo, per
curiosità. Doveva essere una brutta copia, perché era vergato con
calligrafia trasandata e con correzioni.
Era una lettera. Diceva: "Cara
Luisa, ti annuncio che lascio la Riviera. Parto domani stesso per
Genova, dove mi trasferirò nel mio vecchio alloggio. Sono finalmente
riuscito a vendere questa villa. Come ricorderai, erano due anni che
cercavo di disfarmene, ma non ci riuscivo mai. Sono proprio contento.
Qui la vita è ormai impossibile, con il crescente frastuono delle
macchine sulla strada, il gas dei tubi di scarico che ammorba l'aria,
l'acqua dell'acquedotto che d'estate non riesce ad arrivare fin
quassù. Senza contare che nel giugno prossimo inizieranno la
costruzione di un grande albergo, a otto piani, proprio qui davanti,
in modo che chi si affaccerà non s'accorgerà nemmeno di essere in
Riviera. Nonostante tutti questi difetti sono riuscito a concludere
un buon affare. Gli acquirenti sono due coniugi che si sono
dimostrati innamorati della villa sin dal primo momento in cui
l'hanno vista. Me l'hanno pagata più di quanto sperassi. Gli ho
ceduto tutto, anche i mobili che, come sai, sono imitazioni di scarso
valore. Allora, da domani stesso, se mi devi scrivere, ricordati che
il mio nuovo indirizzo...".
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