Proprio in quel momento la
donna tirò su la borsa. Luigi Berletti non fu sufficientemente lesto
ad estrarre la mano che stava annaspando alla ricerca del borsellino.
La donna si voltò, vide il suo braccio: «oddio, oddio!» Berletti
fece uno scatto, si mise a correre fra le bancarelle. «Al ladro, al
ladro» gridò la donna. Altre voci si unirono alla sua: «Fèrmalo,
fèrmalo». Un pizzicagnolo gli si parò davanti per bloccarlo ma
Berletti fu svelto a scansarlo, urtò una bancarella di pesce e la
mandò all'aria. L'impatto lo sbilanciò ed egli andò avanti
sbilenco senza avere più capacità di controllo: sbatté contro un
banco di frutta che aveva in bella mostra due piramidi di pere e di
mele che volarono e si disseminarono, poi, dopo qualche altro metro,
finì la sua corsa come se si tuffasse; ma anziché una piscina c'era
una bassa bancarella di mutande e reggiseni che sotto l'urto e il
peso si sfasciò travolgendo a sua volta l'ambulante, una donna
grassissima seduta lì a lato su uno sgabello.
Tutto questo in pochi secondi.
Un finimondo per quel mercato rionale che viveva la sua mattinata
tranquilla: tutt'intorno c'era un gran vociare, ma proprio nel mezzo
di quella devastazione la gente era rimasta sconcertata, qualcuno
stava ancora con le mani nei capelli, incapace di reagire. Attimi, ma
attimi preziosi per Berletti che fu svelto a rialzarsi e a
ripartire, nella corsia tra le bancarelle. «Dài, dài, che scappa»,
«prèndilo, prèndilo», «bloccalo», «correte, correte»,
incitazioni e invocazioni si incrociavano, alcuni giovani stavano
effettivamente mettendosi a rincorrerlo, ma lui aveva già guadagnato
un bel po' di metri. Correva a perdifiato e intanto si meravigliava
di avere slancio nonostante i suoi quarant'anni e la pancia
debordante; non doveva a nessun costo rallentare perché la canea
che aveva dietro aumentava. Un momento davvero difficile per lui, non
si era mai trovato in una situazione simile. Come mai si era
lasciato pescare così, come un pivellino alle prime armi?
Evidentemente stava invecchiando. Nella sua carriera di borsaiolo
aveva rubato almeno mille portafogli: erano dieci anni che rubava
sulle piazze e nessuno se ne era mai accorto, non la conosceva anima
viva la sua attività, nemmeno la moglie.
Adesso era proprio ai ferri
corti, inseguito da quella turba di forsennati che, se l'avessero
raggiunto, forse l'avrebbero linciato. Svoltò per una strada stretta
e poco frequentata; se fosse riuscito a guadagnare una ventina di
metri sarebbe potuto arrivare sulla piazza e lì entrare in chiesa
senza che se ne accorgessero. La chiesa a quell'ora era sempre
deserta; si sarebbe potuto nascondere da qualche parte. E nella
piazza confluivano quattro strade, gli inseguitori si sarebbero
dispersi in una vana ricerca. Allungò il passo più che poté, urtò
una vecchia che riuscì a malapena a reggersi aggrappandosi al muro.
Svoltò rapidissimo, a sinistra, pochi metri più avanti c'era una
porticina che dava in chiesa. Entrò.
Ai banchi stavano
inginocchiate due suore e altre tre donne. Tutto era in penombra.
Berletti si fermò un attimo dietro una colonna; a tre passi da lui,
in una zona ancora più buia, c'era un confessionale. Si spostò
piano, per non attirare l'attenzione su di sé, aprì con delicatezza
il basso usciolo, entrò, lo richiuse, tirò la tenda, si sedette.
Finalmente era nascosto. Possibile che gli inseguitori venissero
anche dentro in chiesa e, se venivano, che guardassero dentro i
confessionali? In questo momento, se ancora persistevano nella sua
caccia, erano sguinzagliati per le strade che si diramavano dalla
piazza. Ansimava. In petto aveva un battito scomposto, il cuore in
gola.
Berletti aprì lo sportellino
che copriva la finestrella di sinistra. La grata era bucherellata, al
centro una serie di fori più fitti disegnavano la croce. Accostò
l'occhio: ora che lo sguardo cominciava ad abituarsi al buio, vedeva
abbastanza chiaramente l'interno della chiesa, i banchi, le donne, le
suore, e la porta principale, sul fondo. Tenne l'occhio fisso a
quella parte, vide uscire le suore, entrare un vecchio che si reggeva
con due bastoni, poi una donna bassa e grassa. Luigi Berletti
appiccicò ancor di più l'occhio alla grata. Perbacco, era sua
moglie, quella. Si sentì di nuovo agitato: ma come mai, si chiedeva,
sua moglie era in chiesa, non ci andava quasi mai. E adesso, per
giunta, veniva verso il confessionale. Cosa doveva fare, lui? Pensò
di fingere che non ci fosse nessuno: lentamente chiuse lo sportellino
della grata, ma cigolò. Ormai Berletti non poteva più nascondere
la propria presenza. Riaprì lo sportello e si coprì il viso con una
mano. Un attimo dopo sentì il respiro della moglie a fianco della
grata. Disse lei: «Sia lodato Gesù Cristo». Berletti si raschiò
la gola; cosa doveva dire? Gli affiorò un ricordo dell'infanzia, di
quando andava alla dottrina, disse, meravigliandosene: «Sempre sia
lodato». "Riconosce la voce" pensò, e subito si strinse
il naso con due dita per essere pronto a contraffarla.
«Reverendo» incominciò a
dire la donna, «io vengo da lei perché sono turbata da un rimorso:
voglio confessarmi, e chiederle anche un consiglio». "Ma cosa
ha fatto?" si chiedeva Berletti con l'orecchio appoggiato
alla grata. «Posso dire?» chiese la donna. «Sì, sì» rispose
l'uomo tenendosi stretto il naso; e intanto cercava di immaginare la
colpa di sua moglie. Cosa aveva fatto, l'aveva tradito, si era
indebitata a sua insaputa, aveva tramato qualcosa contro di lui? «Io»
disse la donna, «ho un figlio di dieci anni, uno solo». «Sì, sì»
ripeté il marito, impaziente, ma subito si rese conto del rischio
che correva: doveva andar cauto, parlare il meno possibile per non
farsi scoprire. «Bene» riprese a dire la donna: «da quando mio
figlio è nato, io ho sempre derubato mio marito: cinquecento, mille
lire al giorno; talvolta, quando il suo portafogli era ben fornito,
gliene rubavo anche cinquemila; in altri giorni, niente. Prima le
lire poi gli euro». "Disgraziata" pensò lui, "mi
rubi i soldi: ecco perché certe volte mi trovo inaspettatamente con
il portafogli quasi vuoto". «Ma il motivo di questi furti?»
chiese Berletti con voce fortemente nasale. «Per fare studiare
nostro figlio, quando sarà grande. Mio marito fa il facchino e di
soldi non ne ha tanti, se non faccio così non riusciremo mai a
farlo studiare. Adesso ho già messo da parte quasi ventimila euro».
"Dio mio, ventimila" pensò Berletti, "che somma!".
Avrebbe potuto far baldoria per mesi con gli amici senza pensare a
niente, né al lavoro, né ai borseggi. Una cifra così non s'era mai
sognato d'averla.
«Il mio problema è questo»
continuò la donna: «devo confessarlo a mio marito o no?» «Ma
certo, ma certo» disse lui d'impeto. La donna replicò: «Reverendo,
io ho rubato a fin di bene, per nostro figlio; non appena io confesso
questa cosa a mio marito lui si prende i soldi e va al bar a bere e a
giocare, prevedo già come finisce». «Ah, sì?» fece lui
distrattamente. Rivide Giancarlo, suo figlio. Certo sarebbe stato
bello poterlo fare studiare, che non dovesse anche lui entrare a far
parte della cooperativa facchini, portare valigie e sacchi e casse
tutti i giorni. «Reverendo» tornò a dire la donna, «io sono
venuta qui decisa a seguire il suo consiglio, perché sono piena di
rimorso: se lei mi dice di riferirgli tutto, lo faccio; però vorrei
che ci pensasse bene prima di consigliarmi». "Ma dove saranno
nascosti quei soldi" si chiedeva Berletti, "che li tenga
in banca? Io non mi sono mai accorto di niente, se li avessi trovati
avrebbero sicuramente fatto una brutta fine. Certo, però, sarebbe
bello che Giancarlo potesse studiare, diventare un dottore, per
esempio, o un avvocato, l'avvocato Giancarlo Berletti. Se qui, al
posto mio, ci fosse un prete vero", pensò ancora l'uomo, "che
cosa risponderebbe? Forse le direbbe di star zitta, di fare studiare
il figlio".
«Reverendo» chiese la donna
con voce preoccupata, «sta male?» «No, no, sto pensando» rispose
lui. «Scusi ma non la sentivo più, m'ero preoccupata». «Senta»
disse Luigi Berletti, «allora non glielo dica a suo marito». Aveva
le idee confuse: le sue labbra dicevano quelle parole, ma intanto la
mente pensava ai soldi, ventimila euro. Dio che abbondanza. Si
macerava già nella curiosità di sapere dove fossero nascosti, nel
desiderio di chiederglieli, di farseli dare a costo di usare la
forza. Però sarebbe proprio bello che suo figlio potesse diventare
un pezzo grosso, il dott. Giancarlo Berletti o l'avv. Giancarlo
Berletti. «Senta» tornò a dire, «no, non glieli dia a suo marito
i soldi, neanche se lui si insospettisce e glieli chiede. Non glieli
dia, neanche se la picchia per averli. Adesso vada via, subito,
subito». «E l'assoluzione?» chiese lei allarmata. «Sì, sì,
gliel'ho già data, vada via e badi ai suoi soldi, non se li lasci
prendere».
La donna si fece il segno
della croce e si allontanò. Berletti, con l'occhio alla grata, la
seguì fino alla porta, la vide uscire. Adesso poteva venir fuori dal
confessionale, i suoi inseguitori s'erano di certo dispersi, la via
era libera. Sarebbe andato a casa. Pensava già alle parole che
avrebbe detto alla moglie: "Ho l'impressione che tu, di tanto in
tanto, mi porti via dei soldi di tasca, chissà quanti me ne hai già
rubati. Dove li hai messi?". Non sapeva ancora bene se sperare
che sua moglie resistesse o che cedesse. Chissà come sarebbe andata
a finire.
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