Un
fine anno, nel 1950 o ’60. Mia moglie e io decidemmo di prenderci
una vacanza e di fare un viaggio a Napoli. Saremmo andati a trovare
due coniugi amici che da tanto ci invitavano e così avremmo visto
lo spettacolo dei botti. A Napoli alla mezzanotte di San Silvestro si
sparano in cielo cariche esplosive e si getta dalla finestra quello
che non serve più. Così volano giù non solo cosine piccole e
leggere ma anche mobili, tavoli, armadi. Uno spettacolo che non ha
uguali nel mondo, proprio da vedere. Bello ma pericoloso per chi deve
mettersi per strada in tempi vicini a quello critico, come avremmo
dovuto fare noi. Una avventura, comunque decidemmo di affrontarla.
Avevamo
preso alloggio in un albergo di Capodichino che era lontano dalla
casa degli amici. Da loro andammo nel pomeriggio, cenammo
piacevolmente e a mezzanotte assistemmo allo straordinario
spettacolo dei botti. Proprio una cosa eccezionale. Per il ritorno
aspettammo che passassero almeno due ore per ridurre il
pericolo di ricevere un tavolo in testa. Circolare era problematico,
con le strade ingombre com’erano. A una svolta ci imbattemmo in
una coppia di giovani, lei stesa in mezzo alla strada, lui al fianco
che sventolava un fazzoletto e gridava «per carità, bisogna
portarla all’ospedale, è gravissima». La sua voce sembrava
proprio angosciata.
Sono
rimasto un momento perplesso e lui insisteva, urlava: «Dài,
dài, sennò mi muore qui». Sono sceso e il giovane mi ha
afferrato un braccio e tirato vicino alla ragazza. L’abbiamo
caricata sul sedile posteriore, seduta e lui rapidamente le si messo
al fianco. Ha incominciato a dare ordini: «dritto, sinistra,
destra, sinistra». La ragazza gemeva lievemente, un paio di
volte ho sentito un «mah» incredulo di mia moglie.
Poi, improvvisamente, il giovane, come se parlasse normalmente, ha
detto: «Ecco, siamo arrivati» e ha indicato un
portoncino poco più avanti. «Siete dei bei filibustieri» ho gridato. Stavano scendendo. Ha risposto «buon anno».
Non un misero grazie.
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