domenica 4 dicembre 2011

Robivecchi in tonaca


Don Roberto non è mai puntuale. A volte la Messa delle sei e mezza incomincia alle sette, anche i Vespri non hanno sempre lo stesso orario.
La chiesa, dedicata a San Rocco, è piccola ma bella, del Settecento. Un tempo era annessa a un istituto di suore che fu distrutto da un bombardamento. La strada è quieta, finisce cinquanta metri più oltre, contro un palazzo patrizio del Seicento.
I fedeli di San Rocco sono per lo più anziane signore e qualche pensionato; non hanno fretta, ma qualche volta criticano il comportamento di Don Roberto.
I suoi ritardi pomeridiani, in genere, coincidono con una particolare circostanza: la sua macchina, una vecchia Panda, è carica di pezzi di antiquariato, chiesastici. Perché questo prete ha, di fatto, anche un altro mestiere: fa l’antiquario; o meglio il raccoglitore di cose antiche, da cedere agli antiquari con negozio. Persone che di solito attendono nel piazzaletto davanti alla chiesa prima del Vespro. E dopo il rito in chiesa c’è l’incontro con i mercanti; praticamente un’altra cerimonia, quella della trattativa sul prezzo.
I pezzi don Roberto li va cercare nelle campagne della provincia contattando i colleghi, che incominciano sempre a dire che non si può vendere, che il vescovo è severo, ma poi finiscono per cedere qualcosa. Così don Roberto arriva alla sua San Rocco sudato, col volto paonazzo, ma contento.
Prima di venire a San Rocco insegnava in seminario e, di sera, in una scuola di un ente assistenziale. Ma non era un bravo professore e più volte il rettore dell’istituto ecclesiastico aveva dovuto richiamarlo a un maggior senso di responsabilità. Di sera, dopo l’insegnamento, tardava molto a rientrare a casa dove la madre, ottantenne, che aveva per lui quasi una venerazione, lo attendeva con ansia, come se fosse uno scolaro. Andava a gironzolare per la città con qualche altro professore e faceva tardi passando da un caffè all’altro. Il vescovo l’aveva invitato nel suo ufficio e gli aveva parlato a lungo, poi, una settimana dopo, don Roberto aveva lasciato entrambi gli insegnamenti ed era passato alle cure della chiesina di San Rocco.
Qualcuno, molto in confidenza con lui, a volte gli chiede come mai ha scelto la carriera del sacerdozio. «Per accontentare mia madre», risponde don Roberto. «Lo sapevo che non ero molto tagliato, ma non potevo farle l’affronto di quel rifiuto, sarebbe morta».

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