ll controllore del gas
entrò nel cortile e lo abbracciò con lo sguardo da destra a
sinistra. Era la prima volta che veniva in servizio in questa zona.
Dette la voce: «gas» e la ripeté due, tre volte. Il cortile era
grande, quadrato e percorso sui lati, ai quattro piani, dai ballatoi
le cui ringhiere erano tappezzate di biancheria stesa. Le abitazioni
erano vecchie e i contatori erano all'interno, nel primo vano, di
solito la cucina. Solo in qualche caso, dove erano state fatte delle
ristrutturazioni, l'azienda aveva imposto che fosse collocato
all'esterno, sul ballatoio. Il controllore con il suo richiamo
avvertiva gli inquilini perché fossero pronti ad aprirgli la porta e
farlo entrare.
In fondo al cortile
c'era un gruppo di donne intente a chiacchierare. Erano per lo più
anziane, grasse, sbracciate. Continuarono a parlare. Il controllore
si accingeva ad entrare nella prima abitazione a pianterreno quando
al terzo piano si affacciò alla ringhiera una donna. «Gasista, io
tra poco dovrei uscire, se lei potesse venire subito da me» disse.
Il controllore fece cenno di sì con la testa e imboccò la scala
sotto l'androne.
Quando fu sul ballatoio
la donna gli si fece incontro, lo invitò ad entrare. Lui fece la sua
lettura, annotò il numero sul quaderno. Era magro, alto, sui
cinquant'anni; il volto ben rasato e la divisa blu in ordine gli
davano un aspetto rassicurante. «Che disgrazia» disse la donna. Il
controllore sollevò gli occhi dal quaderno e la guardò
interrogativamente, con meraviglia. Lei riprese: «Le donne, giù,
stanno parlando di questo. Mezz'ora fa hanno portato all'ospedale con
la croce rossa una povera donna che si è avvelenata con il gas, una
del quarto piano». «Già» disse lui, «arrivando nel cortile ho
avvertito un po' di puzza, la si sente anche qui». E chiese: «Si
salva?» «Non si sa: hanno detto che respirava debolmente quando
l'hanno trovata. Era fuori di conoscenza». «Come è stato?» chiese
ancora il gasista. «Aveva voglia di farla finita, ecco come è
stato, non gliene andava bene una». «Poveretta» disse l'uomo.
«Pensi che appena tre giorni fa suo figlio, un giovanotto di
venticinque anni pieno di forza e di salute, nella cava dove lavorava
è stato travolto da un masso che gli ha spezzato la schiena: se
campa forse deve restare per tutta la vita su una carrozzella».
Il controllore non
disse nulla, ma atteggiò la bocca a una smorfia di doloroso stupore.
Aveva rilevato i suoi numeri, aveva sentito la novità del cortile, a
questo punto si sarebbe dovuto girare per uscire e proseguire le sue
visite, ma rimase fermo come se aspettasse ancora qualche parola.
Invece fu lui che fece eco alla donna: «Tutta la vita su un
carrozzella!» e tornò a ripetere la smorfia. «Quella poveretta»
disse la donna, «quando l'altra sera rientrò dall'ospedale piangeva
tanto forte che la sentiva tutta la casa. Non aveva torto: se va bene
rimane con un invalido da mantenere e accudire e lei ha l'asma e non
può far niente, quando sale le scale impiega mezz'ora. E non sono
tutte qui le sue disgrazie». Il controllore la guardò con sguardo
ancora interrogativo, poi chiese: «Cos'altro le è successo?»
«Aveva anche due
figlie» disse la donna, «ma la miseria era troppa nella casa e
finirono male tutte e due. Una si sposò a quindici anni per la
fretta di andarsene e non stette a guardare tanto per il sottile. Tra
mesi dopo suo marito era già in prigione, per rapina. Da allora è
più il tempo che passa dentro che quello che passa fuori e la
ragazza se vuole mangiare deve andare a servizio. Sua sorella
incominciò a bazzicare gli uomini, prima uno, poi un altro e poi un
altro ancora. Un giorno sparì: dicono che sia in un'altra città a
far la vita». «E adesso» commentò il controllore, «la madre ha
tentato di avvelenarsi. È proprio una famiglia disgraziata».
L'uomo sembrava non
avesse voglia di continuare il suo giro, preso dall'interesse per
quella vicenda. «Quando sento raccontare di queste storie»
commentò, «mi pare di avere dentro al petto qualcosa che non va né
su né giù». Gli venne fatto di deglutire come se avesse davvero
qualcosa di materiale da inghiottire. Aveva un viso asciutto, gli
occhi tristi. «Povera gente» disse, «come vorrei poterla aiutare».
Sollevò lo sguardo verso la donna che stava sempre in piedi
appoggiata alla tavola. «E il marito» chiese, «quella disgraziata
non ha un marito?» «Oh» disse la donna, «la storia del marito è
lunga, è tutta colpa sua se sono successe tante disgrazie». «Sì?»
chiese il controllore con meraviglia, «è mai possibile?» «Non
aveva voglia di lavorare» continuò la donna, «faceva il meccanico,
con bottega, ma invece di starci dentro a fare i lavori per i
clienti, andava all'osteria o al bar. Almeno così ha sempre
raccontato la moglie». «Che roba!» esclamò l'uomo e fece un gesto
con la mano. «Sembrerebbe impossibile che potessero esistere dei
tipi simili, eppure si vede che ci sono. È gente che bisognerebbe
prendere a schiaffi». «Lo so» disse la donna, «ma quella
poveretta non aveva certo la forza di prendere a schiaffi lui che era
forte e prepotente».
«Non se ne accorgeva
questo disgraziato» disse ancora il gasista, «che la famiglia
andava in rovina, che una delle ragazze se la intendeva con gli
uomini?» «Ma quando incominciarono a succedere queste cose lui non
c'era, se ne era andato già da tempo. Abbandonò la casa cinque anni
dopo il matrimonio, quando i tre figli erano piccoli». «E dove
andò?» «Mah!» disse lei, allargando le braccia, «chi lo può
sapere? Non si fece mai più vivo». «Ma è spaventoso» disse
l'uomo, «si tratta proprio di un delinquente». Fece una smorfia di
disgusto, poi chiese: «lei lo ha conosciuto?» «No» rispose la
donna, «quella poveretta abita qui soltanto da qualche anno; prima,
quando i figli erano piccoli e c'era ancora suo marito, abitava in
montagna, a San Quintino».
«A San Quintino?»
chiese l'uomo con stupore. «Ma è sicura?» «Altro che» rispose la
donna, a sua volta meravigliata. Poi chiese: «Perché, lo mette in
dubbio?» «No, non lo metto in dubbio, dicevo così, per dire. E
come si chiama quella disgraziata?» «Si chiama Maddalena, Maddalena
Corizzi. La conosce, forse?» «Oh, no» disse il gasista. Mise in
tasca la matita che in tutto questo tempo aveva rigirato tra le dita
della mano destra. Si voltò verso la porta, quasi di scatto. «Scusi
le chiacchiere, le ho fatto perdere tempo». Si avviò per il
ballatoio per imboccare le scale in discesa e andare ad iniziare il
giro dal basso.
Nel cortile c'era
ancora il gruppetto di casigliane che stavano parlando. Il gasista
bussò alla prima porta e una delle donne si staccò dal crocchio.
«Arrivo, arrivo» disse, mentre correva per farlo entrare. «È la
prima volta che faccio questa strada» disse l'uomo, «mi deve
indicare dov'è il contatore». Entrò, lesse i numeri, li trascrisse
come un automa, come se nemmeno li vedesse. Pensava a Maddalena, da
quanto tempo si era dimenticato di lei; gli venivano in mente anche
i bambini, Gino, Tina, Evelina. Chissà delle due figlie qual era
quella che faceva la vita.
Continuò le sue
letture passando da un'abitazione all'altra senza più dire una
parola; anche se qualche donna cercava di attaccar discorso, lui
taceva. Tentava di figurarsi le facce che potevano avere i suoi figli
diventati adulti. E gli venivano anche in mente quei giorni lontani,
quella sua disaffezione al lavoro, quel vagare da un'osteria a un
bar, passare da una partita a briscola a una al biliardo. Infine
c'era stata la sua decisione di andarsene, non sapeva neanche lui
dove e perché. Aveva trascorso alcuni mesi come un barbone fino a
quando aveva trovato Marina, che era riuscita a tirarlo fuori da quel
gorgo nel quale era scivolato, prima usando la dolcezza poi la
fermezza, l'imposizione. Gli aveva fatto ritrovare la volontà di
lavorare. E con Marina, sua attuale compagna, aveva due figli tra i
cinque e i dieci anni.
I controlli nella
grande casa di ringhiera erano finiti. Il gasista dal cortile si
avviò sotto l'androne per uscire in strada. Quando fu sul
marciapiedi si fermò a guardarsi intorno. A sinistra, oltre gli
alberi che erano in fondo al viale, c'era l'ospedale. Era là che
avevano portato Maddalena, forse c'era anche Gino che aveva la
schiena spezzata e la prospettiva della carrozzella. Si aggiustò
sulla spalla la cinghia del borsello nel quale teneva il quaderno dei
controlli e girò a destra.
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