domenica 9 ottobre 2011

DUE LADRI D'UNA VOLTA


Flippet e Tugnon, due ladri di una volta. Flippet, Filippo S., aveva un po' meno di quarant'anni, era magro, piccolo, sposato e senza figli. Lavorava a giornata, come bracciante, un po' qui e un po' là, dove capitava. Se decideva di lavorare era impeccabile, ma non sempre era disponibile. A volte, anche se si era impegnato in un podere a lavorare tutta la settimana, un mattino mancava ed era inutile cercarlo a casa.
Non rispondeva. Porta sbarrata, finestre chiuse. Se c'era la moglie, apriva e con faccia sconsolata rispondeva che non era giornata buona, cioè era inutile insistere, forse domani. E questo perché la notte Flippet l'aveva passata a galline. Era un ladro specializzato in pollai.
Si serviva di un sidecar: aveva applicato alla bicicletta, sul lato destro, una specie di bagnarola di legno con una ruota. Qui caricava le galline, morte. A mano a mano che le afferrava, nel pollaio, gli tirava il collo, poi le insaccava e caricava il sacco sul sidecar. Già nella notte scaricava la refurtiva nel negozio del ricettatore. In questo suo lavoro notturno a volte faceva dieci, anche venti chilometri. E allora al mattino era ancora stanco, doveva dormire, non poteva andare nei campi a vangare o a mietere.Da noi, in quel di Nonantola nel modenese, dove i miei avevano un opificio, veniva al tempo della trebbiatura, d'estate. Erano giorni di gran lavoro che si sommava a quello del mulino: l'aia piena di carri carichi di covoni in attesa del turno, la trebbiatrice che ruminava con frastuono, cinque o sei operai, uomini e donne, che lavoravano come fantasmi immersi in una nuvola di polvere.«Non è arrivato Flippet» mi diceva a volte mio padre, «vai a vedere se viene». Ero ragazzo, inforcavo la bicicletta, facevo tre chilometri di corsa poi o non trovavo nessuno, o la moglie mi diceva che dormiva perché aveva lavorato tutta la notte. Un mattino disse: «Non c'è, ieri sera sono venuti i carabinieri e l'hanno portato via».La media delle sue reclusioni era sempre di tre-quattro mesi. Sulle sue imprese ladresche scherzava ridendo. Per lui era normalità, come un secondo lavoro del quale non c'era da vergognarsi: «Rubo solo galline, non sarà la fine del mondo».
Tugnon, Antonio V., fisicamente era l'opposto di Flippet: alto, grasso, sui sessant'anni, con figli e nipoti. Lavorava da noi quasi tutto l'anno, non nel mulino ma per tutte le altre attività: segheria, pila del riso, oleificio. Era uomo serio, onesto, almeno così si riteneva.
In
autunno, al tempo della spremitura delle vinacce e di altri semi per averne olio, era lui che manovrava la pesante trave della pressa che spremeva l'olio dalle vinacce. Alla fine si ottenevano delle formelle rotonde di circa venticinque centimetri di diametro e otto di spessore, molto pesanti, che si sfruttavano come combustibile. Così ridotte, le vinacce bruciavano lentamente scaldando molto e mantenendo viva la brace per ore e ore. Per le stufe che allora si usavano, quelle formelle erano manna: averne tante significava assicurarsi un inverno al caldo.Un pomeriggio mio padre trovò, nascosta in un angolo dell'oleificio, una sporta con dentro due formelle. Era chiaro che erano di partenza; qualcuno le avrebbe prelevate la sera, andandosene. Si appostò all'esterno e a un tratto vide uscire la sporta. Pur nella poca luce, la mole che le reggeva apparve quella ben identificabile di Tugnon.
Lo chiamò e lui si bloccò. «Come mai non hai detto che avevi bisogno di formelle?» «Perdoni, perdoni» incominciò a dire Tugnon con voce tremante, «è la prima volta, lo giuro, lo giuro». E intanto uscì un suo compagno che si fermò incuriosito ad ascoltare. «Non è successo niente» disse mio padre.
L'indomani Tugnon riprese il lavoro regolarmente; teneva lo sguardo basso, non parlava, né mio padre tornò sull'accaduto. Ma tre giorni dopo venne a lavorare anche Flippet e seppe che cosa era successo.
Affrontò Tugnon apertamente, di fronte a tutti. «Sei uno sciagurato» incominciò a dire. «Non si fanno queste cose: rubare dove ti guadagni il mangiare è una cosa disonesta. Alla tua età dovresti saperlo. Mi fai schifo, non ti considero più un amico».
Tugnon era muto, si voltò verso il muro e incominciò a piangere, scuoteva le spalle e si sentiva che mormorava. «No, no, no». Non poteva più sopportare.

Flippet e Tugnon, due ladri di una volta. Visti oggi, brava gente.