domenica 19 gennaio 2014

Tombaroli


    Tarquinia, un’estate degli Anni Ottanta. Il tombarolo Perticarati, famoso come il “mago” per la sua capacità di scoprire nuove tombe etrusche, spiega la sua tecnica. Con il furino, un tondino di acciaio appuntito a spillo lungo 130 centimetri che ha per manico un pezzo di tubo posto trasversalmente, fa i suoi assaggi nel terreno. Lo pianta, lo preme, lo fa girare fin che non è sceso tutto. Penetrando nel tufo a un tratto gli dà un segnale con suono diverso: lì c’è la discesa di una tomba. Gli etruschi scavavano fino a una certa profondità poi, già nel tufo, estraevano il materiale fino a ricavare, sottoterra, la camera funeraria; dopo la sepoltura la discesa veniva riempita con il tufo pressato. Dice il “mago” che quando lo spillo trova il materiali di riempimento lui lo avverte, anche se non c’è differenza di durezza con il terreno attorno. Una sensibilità che gli frutta ogni tanto il successo desiderato (ma in una notte di lavoro i suoi assaggi possono superare anche il centinaio inutilmente); comunque gli ha già procurato anche otto anni di carcere. Si considera molto più esperto degli archeologi che «conosceranno tante cose dei libri ma sul terreno non sanno muoversi». Ancor prima di scavare, solo col furino sa dire l’età e le dimensioni della tomba. «Perché, ad esempio» spiega, «se la larghezza della discesa è di due metri è arcaica, dell’ottavo secolo avanti Cristo. E posso sapere con esattezza dove si trova il lastrone che copre la porta di accesso e lì basta uno scavo a pozzo per scendere nella camera».
    Secondo gli studiosi, nell’Etruria ci sono centinaia di migliaia di tombe. L’arco temporale degli etruschi va dall'ottavo al secondo secolo avanti Cristo e considerando che ognuno dei principali centri, Tarquinia, Cerveteri, Vulci, Veio, aveva una popolazione all’incirca di 25 mila abitanti e che in ogni secolo si sono avvicendate quattro generazioni, si ha un totale di settecentomila individui in 700 anni per ogni località. Un numero imponente, anche tenendo conto che le tombe erano per lo più a carattere familiare e quindi ospitano più di un defunto.