Talvolta la madre lo ha trovato a scrivere, ma non è mai riuscita a vedere che cosa scrivesse perché Giacomino ha subito coperto i fogli e, lui assente, non è mai riuscita a trovarne uno. La sera, naturalmente, va a letto presto per essere pronto alle tre ad alzarsi. È chiaro che il ragazzo avrebbe avuto attitudine allo studio, ma quando ebbe finita la quinta elementare il padre, ferroviere con stipendio magro, preferì mandarlo a fare il fornaio visto anche che gli avevano offerto il posto. Adesso che s’è accorto di avere un figlio portato per i libri suo padre, talvolta, gli dice: «Perché non ti iscrivi a un corso per corrispondenza. Potresti riuscire in qualcosa». Giacomino fa un gesto svagato, per dire di no, che è tutto inutile. Chissà che cosa scrive Giacomino quando è chiuso in camera, sua madre e suo padre vorrebbero proprio saperlo.
Un giorno Giacomino non rincasa. Il padre è in servizio, la madre telefona al forno. Il fornaio si stupisce: «Ma come, non è a casa? Qui non è venuto, credevo fosse ammalato». Il padre viene chiamato d’urgenza. I genitori sono angosciati, dove sarà andato Giacomino? Telefonano alla zia e ai nonni, ma loro non l’hanno visto. Vanno in camera per vedere se trovano un indizio. Sì, la risposta alla loro domanda è nel cassetto del comodino da notte: una lettera. «Carissimi genitori, vi chiedo perdono, ma così non posso andare avanti. Io sono nato per fare il poeta. Parto in bicicletta per Milano in cerca di un editore che mi pubblichi le mie poesie. Ne ho tante, bellissime. Tornerò soltanto quando avrò raggiunto la gloria». Il padre e la madre si guardano smarriti. Milano dista 200 chilometri e Giacomino avrà in tasca solo qualche euro, come farà? E poi, con la gloria, si mangia con la gloria? Guardano fra i suoi libri, c’è un quaderno pieno di esercitazioni poetiche. Ne leggono una intitolata «Anno vecchio»: «Così, è svanito l’anno tra le stelle, / che non coprì la neve col suo manto / e un altro è giunto con un lieve canto / di ciaramelle... / E sulla luce della notte scende / un incorporeo velo di tristezza: / fuggito un anno di giovinezza,/ né alcun lo rende».
La mamma si siede sul letto, mormora: «Dio mio, un figlio poeta» e si mette a piangere, silenziosamente.
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