La lunga zimarra grigia lo fa ancora
più magro, slanciato. Il volto scarno è dominato dagli occhi verdi
che si muovono con una vivacità giovanile. Gli anni non sono più
pochi, forse oltre i 70, ma lo slancio che è nell’anima e in ogni
gesto del corpo è carico di una forza e di una vitalità che sono
ancora ben lontani dall’età avanzata.
Angelo D.B. è un artigiano del legno,
restauratore di mobili antichi. Passa i suoi giorni nel cortile di
una vecchia casa dove ha la bottega. Il suo laboratorio è sempre
pieno di pezzi da riparare, c’è libero soltanto un piccolo spazio
intorno al bancone da lavoro. Quando la riparazione e la stagione lo
consentono, lavora oltre la soglia della bottega, all’aria aperta.
La cultura in fatto di stili se l’è conquistata a poco a poco,
facendo dapprima il garzone, da ragazzino, e poi l’aiuto falegname
e infine l’artigiano in proprio. Nello scaffale degli attrezzi ha
dedicato un ripiano ai volumi dei mobili d’arte. Assieme alla
conoscenza teorica ha approfondito, con maestria, quella pratica.
A volte gli portano da riparare mobili
antichi in sfacelo, rosi dai tarli e dall’umidità, o privi
addirittura di qualche parte integrante. Per lui ogni nuovo arrivo è
sempre una festa, non perché pensi al guadagno che potrà venirgli
dal restauro, ma per la gioia che esso gli procurerà. Le mani di
Angelo, ossute e ruvide, incominciano a palpare il legno, i
polpastrelli si soffermano sugli intarsi e sugli intagli, sui rilievi
delle cornici: una perlustrazione che sembra dare all’artigiano un
voluttuoso piacere; può ricordare anche un medico che palpa il
malato. Poi Angelo incomincia a illustrare l’oggetto. Dice epoca,
zona di origine, qualità dei legni, dice se il costruttore lavorò
bene, benissimo o con trascuratezza. Descrive come devono essere
ricostruite le parti andate in malora, e se il cliente non apprende
con facilità, corre allo scaffale, ne toglie un libro, lo apre a una
certa pagina, si serve di una fotografia per spiegare meglio. Parla
con fervore del nuovo lavoro, si sente che già pregusta il piacere
di ricreare quello che è andato perduto, di riportare nella giusta
luce quello che il tempo ha imbruttito.
Fa tutto da solo, Angelo D.B. «I
giovani d’oggi non sono adatti per questo mestiere – dice–.
Vogliono l’officina, dove si fanno cose automatiche che lasciano
libero il pensiero alla fantasia per pensare alle corse in
motocicletta che faranno all’uscita dal lavoro. Qui, invece, la
testa bisogna tenerla ai mobili, perché non si può lavorare
soltanto di mano». È un artigiano all’antica, una razza che,
purtroppo, si va estinguendo. Con la sua competenza in materia
potrebbe vivere da signore facendo il commerciante, l’antiquario. A
chi gli accenna una simile possibilità, risponde con un gesto secco
della mano. «No, no – dice–. Non potrei, per comperare bene,
dire che un mobile è brutto quando invece so che è bello e pregiato
e non potrei, per vendere a tutti i costi, decantarne uno falso o mal
fatto o scarsamente autentico». Gli piace starsene in pace nella sua
bottega, mettere mano agli arnesi, modellarsi i pezzi da sostituire,
via via sentire sotto le sue mani il mobile rivivere a nuova vita,
salvarlo.
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